LA TRASVOLATA ATLANTICA DEL DECENNALE ORBETELLO – CHICAGO – NEW YORK - ROMA - 1933
Conclusasi con un successo internazionale la trasvolata dell'Atlantico del Sud, Balbo iniziò il progetto di quella che, successivamente, verrà considerata la più grande impresa aeronautica di tutti i tempi: la trasvolata, con 24 idrovolanti, dalla base di Orbetello fino agli Stati Uniti d'America e ritorno ![]() Orbetello 1933 "100 Uomini degli equipaggi della Trasvolata Orbetello-Chicago" Il 12 giugno, Balbo assunse il comando della Crociera. All'idroscalo di Ostia c'era il suo apparecchio ed altri due, quelli di Biseo e di Questa, che nella Crociera avrebbero affiancato l'I-BALB. Lasciato a Roma ogni impegno ministeriale, Balbo e i due gregari s'involarono per Orbetello in attesa del giorno favorevole alla partenza. I 24 apparecchi destinati alla trasvolata, più uno di riserva che li avrebbe seguiti sino a Reykjavik, con l'equipaggio speranzoso di proseguire per tutta la Crociera, erano in attesa del via, con i loro cento uomini d'equipaggio più gli aggregati e le riserve. La partenza era prevista nella seconda metà di giugno ma purtroppo le condizioni meteorologiche sulle Alpi ed al Nord non consigliavano il viaggio. All'alba del 29 ci fu un imbarco di tutti gli equipaggi, sembrava che il tempo sulle Alpi promettesse bene poi, ci fu la sospensione sino al mattino del 1° luglio: ore 04.00 (tmg) sveglia, adunata e poi l'imbarco. Ore 05.38: la prima squadriglia è già in aria. Assunta la formazione di stormo, i 25 apparecchi puntano verso Nord, superano Genova, poi Milano, lo Spluga, Strasburgo e seguono il corso del Reno sino ad Amsterdam, dove inizia l'ammaraggio delle otto squadriglie. Tutto bene per 24 idrovolanti, meno l'I-DINI che - oltre l'equipaggio aveva come ospite l'aviere montatore Leo Landi - si rovescia all'impatto con l'acqua: il sergente motorista Ugo Quintavalle ci rimette la vita. L'indomani, domenica 2 luglio, si riparte. L'I-MARI, che fungeva da riserva, prese il posto dell'I-DINI. Tempo incerto sulla rotta Nord sino ad Edimburgo e poi, attraverso la Scozia, verso Ovest sino al canale d'Irlanda e dritti sull'Irlanda del Nord. Alle 11.30 i ventiquattro apparecchi sono ormeggiati nei pressi di Culmore Point a Londonderry, dove si fermeranno sino al giorno 5. Ristabilitosi il tempo, ad una ad una le squadriglie ripresero il volo salutando l'ultimo lembo dell'Irlanda e puntando verso Reykjavik, che raggiungeranno dopo 1.333 km. Sulla rotta incontrarono foschia, nebbia e pioggia sino a Vatnagard, nei pressi della capitale dell’Islanda, ammarando nel punto più settentrionale raggiunto dalla Crociera. Nell'attesa che il tempo si ristabilisse, Balbo fu in continuo contatto con la base di Julianehaab in Groenlandia, dov'era situato un centro meteorologico che forniva notizie sulla rotta sino a Cartwright e che, per ogni evenienza, era abilitato quale scalo alternativo. Finalmente, la sera del 10, le notizie promettevano bene, ma la mattina dell'11 imbarco e subitaneo sbarco per le difficoltà di decollo causate dal vento. L'indomani, mercoledì 12 luglio, con un carico di 4.000 kg, ogni velivolo decollava per una tappa tra le più lunghe e, sicuramente la più difficile, tra nebbie, piovaschi ed un mare costellato di ghiacci naviganti verso Sud. Poiché, malgrado le avverse condizioni, il volo procedeva regolarmente, le squadriglie passarono a fianco della Groenlandia - senza vederla - proseguendo per il Labrador, dove i 24 idrovolanti ammararono nella baia di Cartwright dopo 12 ore di volo. Qui è doveroso ricordare l'apporto dato dalla Marina, stazionante sull'oceano tra gli scali di Londonderry, Reykjavik e Cartwright, dove facevano buona guardia le unità navali italiane: i sommergibili Balilla e Millelire, le vedette (drifters) Biglieri e Matteucci, nonché le navi danesi Maagen e Hvidbjornen al largo delle coste groenlandesi, Fylla sulle coste islandesi e Jsland Falk alle isole Faroen. Tutte al servizio meteorologico e di eventuale soccorso. Il mattino dopo (13 luglio, giovedì) ripartirono per Shediac con 13 uomini in più: giornalisti, cineoperatori e montatori aeronautici. Alle 13.20 erano in volo per il Canada e alle 19.34 iniziavano ad ammarare. Anche Shediac ospitò i croceristi solo per una notte. Il giorno dopo, imbarcando altri quattro ospiti (il nipote di Balbo, Lino, il giornalista Nello Quilici, il maggiore Pio Gardenghi ed il montatore Bartolucci), gli apparecchi decollavano per Montreal, che distava 4 ore di volo, attesi sulle acque del fiume San Lorenzo. Balbo aveva fretta di arrivare a Chicago e, per tale ragione, le autorità di Montreal ebbero poco tempo per festeggiare i croceristi che il giorno dopo (15 luglio) ripartivano. Imbarcati altri due ospiti (l'ambasciatore Augusto Rosso e il suo addetto aeronautico, ten. col. Paolo Sbernadori) le squadriglie, alle 08.30 locali, erano in volo, deviando dalla rotta programmata a causa di un temporale in avvicinamento. Superate Detroit, Toledo, New Buffalo, sul lago Michigan 40 aeroplani da caccia scortarono i nostri idrovolanti. Quando sorvolarono la città si resero conto di quello che li aspettava. All'ammaraggio, migliaia e migliaia di persone erano ad attenderli e, durante il flottaggio, centinaia di imbarcazioni aspettavano di avvicinarsi agli apparecchi. Dopo l'ammaraggio delle squadriglie, nel fare la conta degli apparecchi, con stupore se ne contarono 25, uno in più di quanti erano partiti da Amsterdam. Si venne poi a sapere che uno dei tre S.55 venduti agli americani si era accodato ai croceristi ed era ammarato con loro. ![]() Chicago luglio 1933 - S55
Dopo sei giorni di permanenza, il 25 luglio, i 24 apparecchi decollarono per Shediac. ![]() New York 1933 - Folla radunata al "Madison Square" per celebrare gli "Atlantici" L'8 agosto, martedì, alle prime luci, i centoundici uomini della Crociera erano a bordo ed alle 07.45 iniziarono i decolli cosicché, alle 08.08, i 24 apparecchi lasciavano l'ultimo lembo della terra americana. Dopo oltre dieci ore di mare, alle 17.57 avevano Horta al traverso. Tre squadriglie (9 apparecchi) al seguito del gen. Pellegrini si staccarono dalla formazione e ammararono su quella base, le altre cinque squadriglie scesero a Ponta Delgada. L'Atlantico era stato sorvolato ancora una volta da 24 idrovolanti d'Italia. Breve sosta di una notte poi, il giorno seguente, ancora in volo per Lisbona. L'onda lunga non facilitò il decollo e forse, anche per questo, l'I-RANI, quart'ultimo alla partenza, capottò. In volo verso Lisbona erano venti apparecchi; la squadriglia del col. Longo era rimasta in porto bloccata dai rottami galleggianti dell’I-RANI. All'arrivo a Lisbona le prime squadriglie appresero che il ten. Squaglia era morto e gli altri tre erano rimasti più o meno contusi. Nella capitale portoghese, la cui base era stata organizzata dal cap. Silvestro Orsini, furono raggiunti dai tre idro: I-LONG, I-NANN e I-CALO. Il generale Valle era ad attenderli per consegnare a Balbo un prezioso pacchetto, le aquile d'oro con la “A”, quale titolo di “atlantico”, che lo stesso Balbo appuntò sul petto dei piloti, mentre agli specialisti spettò un distintivo con la sola “A”. Il disastro dell'I-RANI mutò il programma della sosta: furono sospese le cerimonie programmate e così pure l'ultima tappa prevista - promessa ai francesi - a Berre l'Etang (Marsiglia). Il 12 agosto, domenica, si concludeva con la tappa Lisbona-Roma la Crociera del Decennale. Alle 07.10 i primi S.55 erano in aria e poco dopo tutti erano in rotta per l'Italia. Salutato l'Atlantico, i 23 apparecchi sorvolavano le coste portoghesi e poi le spagnole, alle 13.15 erano sulle isole Baleari, alle 15.25 sulla Sardegna, alle 16.50 erano in vista delle coste laziali. Compiendo ampi giri, i primi arrivati attesero i ritardatari ed alle 17.20 la formazione al completo, disposta in perfetta geometria, sorvolava le acque del Tevere per posarsi all'idroscalo di Ostia. La Crociera era compiuta, erano stati percorsi 19.900 km, comprensivi di due traversate dell'Atlantico di 2.400 e di 2.700 km, in oltre 94 ore di volo. |